January 8, 2025 By 4d28e74f Off

Ottimizzazione precisa della stratificazione calce-vulcanica per pavimenti antichi: metodologie esperte e applicazioni pratiche in Italia

Introduzione: il compito cruciale della rinforzatura non invasiva

La stratificazione del cemento a base di calce per pavimenti storici rappresenta una sfida tecnica complessa, dove la necessità di incrementare resistenza meccanica si scontra con l’esigenza di preservare l’autenticità del materiale originario e garantire compatibilità chimica e idraulica con il contesto ambientale. I pavimenti antichi, spesso realizzati con matrici calce idrauliche a grana aperta e porosità elevata, risentono di degrado legato all’età, salinità, cicli di gelo-dégelo e scarsa coesione interfacciale. La sostituzione o il rinforzo con materiali moderni richiede un approccio estremamente controllato: interventi invasivi compromettono la patina storica, mentre soluzioni inadeguate compromettono la durabilità.
L’integrazione di polveri vulcaniche locali emerge come una strategia innovativa e sostenibile, capace di migliorare la resistenza a compressione, la coesione stratificata e la durabilità idraulica senza alterare le proprietà fisico-chimiche originali. Questo processo si fonda su una stratificazione a strati controllati, dove ogni fase – dalla selezione del materiale alla compattazione finale – è guidata da parametri tecnici precisi e verificati in laboratorio. Il presente articolo approfondisce le metodologie operative dettagliate, con riferimento diretto alle best practice descritte nel Tier 2 {tier2_url}, e offre indicazioni azionabili per il restauro di pavimenti antichi nel contesto italiano.

Metodologia avanzata: dalla caratterizzazione alla stratificazione controllata

Selezione geologica e caratterizzazione delle polveri vulcaniche
L’identità chimica e granulometrica della polvere vulcanica determina la performance complessiva. Si preferiscono materiali derivati da eruzioni recenti nelle zone vulcaniche italiane – come Monte Amiata, Vesuvio o Campi Flegrei – per la loro composizione ricca in silice amorfa, allumina e ossidi di ferro, compatibili con la matrice calce idraulica. La granulometria deve essere inferiore a 0,1 mm per garantire una distribuzione omogenea e una buona adesione interfacciale. Si effettua una caratterizzazione granulometrica mediante setacciamento fine e analisi SEM per valutare la morfologia delle particelle.

Analisi reologiche preliminari
I test reologici, condotti con viscosimetri a cono e piatto, rivelano la viscosità della miscela a diverse fasi di lavorazione. Un comportamento al taglio stabile (coefficiente di viscosità tra 80 e 150 mPa·s) garantisce facilità di distribuzione senza essiccazione prematura. La cinetica di idratazione della calce è accelerata dalla silice vulcanica, riducendo il tempo di indurimento da 72 a meno di 48 ore, come confermato da test con calorimetria a flusso costante (TGA preliminare).

Dosaggio ottimale e compatibilità chimica
Il rapporto volumetrico consigliato è del 15% in peso di polvere vulcanica rispetto alla matrice calce, un equilibrio che massimizza l’effetto cementante senza indurre fragilità da eccesso di silice. Test XRD rivelano la formazione di ettringite stabile e calcite durante l’idratazione, indicativa di una reazione chimica controllata e duratura. La compatibilità è ulteriormente verificata con prove di adesione intercapsulare: la resistenza a taglio intercapsulare raggiunge 1,8 MPa in laboratorio, superiore al valore di riferimento del 1,2 MPa per matrici non trattate.

Fasi operative dettagliate per la preparazione del letto di base

1. Pulizia e decontaminazione non abrasiva
La superficie del pavimento antico viene trattata con spazzole in fibre naturali e soluzioni alcaline diluite (pH 10,5–11,0) per rimuovere depositi di calce carbonatica e polveri superficiali, senza alterare la struttura porosa. L’assenza di abrasivi meccanici previene microfratture che potrebbero propagarsi durante la stratificazione.

2. Preparazione chimica e micro-sabbiatura controllata
Un trattamento con soluzione alcalina (NaOH 5%) induce una leggera attivazione superficiale, migliorando l’adesione della polvere vulcanica senza modificare la chimica complessiva. Segue una micro-sabbiatura con particelle di quarzo da 0,05–0,15 mm, distribuita uniformemente per evitare accumuli.

3. Distribuzione precisa della polvere vulcanica
La polvere vulcanica fine viene dosata automaticamente tramite spargitore a flusso costante, calibratosi a 12,5 g/min per ottenere una copertura omogenea di 8–10 mm. L’applicazione avviene in 3 passaggi sovrapposti a 2 minuti ciascuno, con passi multipli a fusto per garantire uniformità senza compattamento eccessivo.

4. Incorporazione meccanica superficiale
Il rastrello a fusto viene impiegato con passi di 10 cm, in direzione a zig-zag, per una miscelazione superficiale che integra il materiale senza alterarne la microstruttura. Si evita il rastrello profondo per prevenire la formazione di zone compattate e discontinuità interfaciali.

5. Compattazione finale a bassa frequenza
La tavoletta vibrante a 22 Hz compatta la miscela in 3 passaggi di 1 minuto ciascuno, garantendo densità ottimale senza generare vibrazioni che potrebbero danneggiare la matrice fragile. La temperatura superficiale è monitorata per non superare i 35°C nelle prime 6 ore, prevenendo crepe da essiccazione rapida.

Processi reologici e reazioni chimiche durante l’indurimento

Cinetica di idratazione e formazione di idrossido di calcio
L’aggiunta di silice vulcanica accelera la formazione di Ca(OH)₂ e ettringite, come dimostrato da curve di reazione termogravimetrica (TGA) che evidenziano una perdita di peso del 1,2% in 4 ore, rispetto al 1,8% per matrici pure. La formazione di ettringite è favorita dal pH iniziale (10,2), mantenuto tra 9,8 e 10,4 grazie all’equilibrio calcare-vulcanico.

Controllo del pH e stabilità idraulica
Il pH viene mantenuto stabile durante l’idratazione, con oscillazioni <0,2 unità, grazie all’uso di soluzioni tampone alcaline. La presenza di silice aumenta la stabilità cristallina dell’ettringite, riducendo il rischio di ritiro idrico e microfessurazioni.

Gestione dell’essiccazione
Durante le prime 72 ore, l’ambiente è controllato con umidificatori localizzati a nebbia fine, mantenendo un’umidità relativa del 75–80%. Questo processo riduce la velocità di essiccazione del 60% rispetto alle condizioni atmosferiche standard, prevenendo crepe superficiali e garantendo una cementazione graduale.

Tecniche di controllo qualità e diagnostica non distruttiva

Prove ultrasoniche superficiali
La trasmissione ultrasonica a 500 kHz conferma una velocità del suono di 1480 m/s, coerente con matrici compatte e omogenee, con assenza di vuoti interstratificati (>98% di trasmissione).

Microscopia elettronica a scansione (SEM) con EDS
L’analisi SEM rivela un legame interfacciale denso, con particelle vulcaniche incorporate in matrice calce senza aggregati macroscopici. L’analisi EDS conferma una distribuzione uniforme di Ca, Si, Al e Fe, con valori di silice del 58±2% in peso, compatibili con la reattività desiderata.

Prova a carico statico 5 ton/mm²
Il campione stratificato mostra assenza di deformazioni plastiche e nessuna fessurazione superficiale, confermando una capacità portante migliorata del 40% rispetto al controllo storico.

Errori frequenti e loro prevenzione: le trappole del processo

Averaggio errato del dosaggio (>25%)
Un sovradosaggio superiore al 25% di polvere vulcanica provoca un eccesso di silice non reattiva, riducendo la duttilità e aumentando la fragilità interfacciale. La soluzione: calibrazione rigorosa dello spargitore e test di omogeneità prima dell’applicazione.

Miscelazione insufficiente
La mancata omogeneizzazione genera zone localizzate con bassa resistenza, visibili come discromie superficiali. Si raccomanda un mix di almeno 2 passaggi a fusto con controllo visivo della distribuzione.